Dominata e protetta dal centro fortificato di Colle Mitra, posta sulle alture che chiudono a meridione la Conca Peligna in località Polmare, o Pantano-Tavuto, nel territorio comunale di Cansano, un’importante area archeologica è stata recentemente indagata con campagne di scavo sistematiche. Individuato da più di un secolo e da tempo oggetto di varie segnalazioni e di scavi clandestini che ne hanno depauperato irrimediabilmente le ricchezze, il sito archeologico evidenzia la sua complessa articolazione. Abitato, necropoli e santuario ebbero il momento di maggiore frequentazione tra la fine del IV sec. a.C. e la metà del II sec. d.C., e sono posti in relazione all’asse stradale che poneva in comunicazione l’area peligna con quella sannitica. Le strutture superstiti, anche dopo la fase architettonica di maggiore espansione, continuarono ad essere frequentate, pur con un diverso utilizzo, nel sito che rimase per lungo tempo un luogo di sosta, ed incisero con la loro presenza nel paesaggio: sul pianoro di Pantano le ripartizioni agrarie, con le macere e i confini erbosi, segnano ancora l’antica fisionomia di un ambiente silenzioso, dalla memoria millenaria. All’interno di due recinti murari affiancati e posti su livelli diversi, separati da un grande muro in opera poligonale di sostruzione del terrazzo maggiore, erano stati costruiti in più fasi tre edifici sacri: sul terrazzo superiore, ad un tempio in opera quadrata di epoca italica, se ne affiancò successivamente un altro in opera cementizia, reticolata, di epoca romana. Un accesso laterale poneva in comunicazione il recinto maggiore con quello più piccolo posto sul terrazzo inferiore, ricavato sul leggero pendio occidentale del pianoro. All’interno di questo ulteriore spazio sacro, allineato con i templi maggiori, era un sacello dedicato al culto di divinità femminili. L’abbandono repentino di questo luogo di culto viene datato alla metà del II sec. d.C., contemporaneamente alla frana che seppellì il santuario di Ercole Curino a Sulmona. Un deposito votivo ha rivelato una serie di reperti in bronzo, ferro, terracotta e oro databili tra la fine del IV sec. a.C. ed il II sec. d.C. Si tratta di statuette, teste votive e raffigurazioni di buoi in terracotta, oggetti in bronzo, monete, fuseruole, parti anatomiche realizzate in argilla, pesi da telaio, balsamari. Una statuetta che rappresenta l’abbraccio tra Cerere e Proserpina, le divinità legate ai cicli stagionali nel mito del passaggio della giovane agli Inferi e al suo ritorno primaverile sulla terra, ha fornito alcuni elementi che concorrono a delineare gli aspetti religiosi di queste architetture sacre.