(di Giovanna Ruscitti) Spicca nel cuore di piazza XX Settembre il monumento ai caduti. Tale opera fu fortemente voluta dai paesani che, fin dal 4 novembre 1919, giorno in cui si celebrava il primo anniversario della Vittoria, costituirono un “Comitato pro monumento da erigersi in Piazza XX Settembre” per celebrare i caduti per la Patria. Si decise di affidare l’incarico allo scultore Giovanni Granata. Poche sono le notizie note relative alla biografia dell’artista del quale sappiamo che fu allievo di Costantino Barbella, che verosimilmente frequentò il “Cenacolo” di Francesco Paolo Michetti e che fu grande amico di Antonio De Nino. Il Granata è l’autore, oltre di numerose sculture in bronzo ed in terracotta oggi esposte in musei come la Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, anche del monumento ai Caduti di Sulmona, di Ortona dei Marsi (AQ) e delle sculture della Cappella Mazara, sempre a Sulmona. Il Comitato, così costituito, dovette affrontare subito il problema dei costi: il gruppo scultoreo, secondo il progetto originario, doveva pesare 12 quintali e quindi per acquistarlo occorreva una somma ingente (si parla di 64.000 lire). Intanto i compaesani emigrati avevano raccolto nelle Americhe circa 56.000 lire. La somma mancante rimaneva ancora un problema per il paese allora non in grado si sostenere un costo così elevato, e soprattutto perché anche il Comune di Pescara stava trattando per acquistare il monumento. Ma il Granata acconsentì di modificare il progetto originario riducendo il peso del gruppo scultoreo da 12 ad 8 quintali: l’opera fu fusa o a Roma e la cifra raccolta dagli emigranti fu sufficiente a coprire le spese. Il monumento venne così inaugurato il 24 giugno 1925. L’opera rispecchia in pieno la formazione culturale e la tecnica dello scultore che riesce a coniugare alla personale arte “delicata e gentile”le ascendenze degli schemi classicheggianti evidenti nella composizione impostata secondo il ritmo della diagonale nella quale si inserisce sia la figura del morente sostenuto dal ginocchio del compagno, sia lo slancio con cui egli protende l’indice destro per additare l’orizzonte lontano, simbolo della sorte gloriosa della Patria. A questa posizione delle due figure si contrappone la bandiera levata in direzione opposta , ottenendo in qualche modo l’evocazione della V di Vittoria.